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Un compositore contemporaneo
WOLFGANG RIHM, TRENTENNE AUTORE TEDESCO DI GIA' SOLIDA FAMA,
FORMULA, IN QUEST'
INTERVISTA CONCESSA AD ANDREA VERRENGIA, UN PROPRIO IDENTIKIT COMPOSITIVO DI
ACCATTIVANTE INTELLIGENZA.
Dimenticare per Fare Arte
di ANDREA VERRENGIA
“ … Ma
a noi non è dato
riposare in un luogo,
dileguano precipitano
i mortali dolenti, da una
all'altra delle ore, ciecamente,
come acqua di scoglio
in scoglio negli anni
giù nell’ Ignoto”.
Friedrich Holderlin
da Hiperions Schicksalslied
(a cura di E. Mandruzzato - Adelphi)
* * *
GIA’ NEL CARTELLONE 89/90 dell' Istituzione Universitaria
dei Concerti avevamo avuto l'opportunità di ascoltare le musiche di Wolfgang
Rihm, nel concerto monografico dedicatogli e, già in quell'occasione, avevamo
avuto la sensazione che le definizioni profuse intorno a questo compositore :
“neosemplice”, “neoromantico” “anti Neue-musik - fossero non soltanto
insufficienti a esemplificare il suo operato artistico, ma semplicemente
depauperanti.
Ciononostante,
nel concerto monografico dedicato a Rihm dal 29' Festival di Nuova Consonanza
(Goethe Institut 7/11/92 - Ensemble diretto da Manfred Reichert), questa
sensazione ha avuto un inequivocabile quanto spiacevole conferma.
La citazione dall’ Hyperions Scbicksalslied, apposta come “exordium” a
questa breve nota introduttiva all'intervista, vuole rimediare al torto subito
da questa musica e porre, invece, in evidenza la benefica, quanto rara,
aspirazione del compositore tedesco ad esplicare una pratica compositiva sempre
protesa all'esito eminentemente poetico.
Apparsa inizialmente (1970) completamente svincolata da
quegli ambiti tecnico-costruttivi propri alla musica contemporanca europea e
d'oltreoceano almeno fino al 1965, la musica di Rihm, si dice, provocò “scandalo” e “financo indignazione”: si profilava il superamento di
quell’avanguardismo che, nel suo complesso, si era ormai cristallizzato
come mero accademismo e "grigio rigore clinico", e, per ciò stesso,
pronto per l'inevitabile e necessario superamento.
Sotto il comune denominatore rappresentato dalla necessità di allargare a vasto
raggio la capacità ricettiva nei confronti di tutta la musica del passato senza
nessun pregiudizio. Rihm, ed altri suoi colleghi più o meno coevi come
Sciarrino e Grisey, recuperano alla composizione, ciascuno a suo modo, una
“ragionevolezza” operativa ampiamente basata sui sapienti dettami della
linguistica, della semiologia, nonché della fisiologia della percezione uditiva
e dell'emissione sonora, abbandonando il “purismo concettuale" proprio
della musica postweberniana in generale ( naturalmente qui Webern non c’entra
nulla), puntillista, seriale e strutturalista, in particolare.
* * *
D. Agli
inizi degli anni Settanta, sei stato presentato al pubblico come un esponente di
spicco del movimento "anti Neue-Musik" che in Germania prese il nome
di Neue Einfacheit (Nuova semplicità). Condividi questa definizione? E per te
la “Neue Musik” ha irrimediabilmente esaurito le sue potenzialità, tanto da
farti ritenere 'fuori" dal contesto della musica di ricerca?
R.
Generalmente non credo molto alle definizioni verbali intorno alla musica, in
quanto la ritengo un'arte eminentemente sine verbis. Semplicità, poi, è
una definizione critica che ho sempre rifiutato energicamente. Gli agenti usano
spesso questa orribile definizione, e questo è niente. Io mi ritengo,
come tutti i moderni, un tipico compositore
“vecchio-moderno”. Non mi sento un tipico compositore di oggi e mi considero
decisamente “fuori” dalla categoria della Neue-Musik, cionondimeno l'
ho sempre ritenuta importantissima, tant’è che la pongo sullo stesso piano di
tutta la in musica storica: la musica contemporanea è ormai anche una musica di
tradizione: comporre in modo seriale è comporre in modo storico, antico.
Bisogna assolutamente capire cosa si vuole oggi. Io scrivo musica e desidero
ascoltare, la mia musica e non il sistema della mia musica. Negli anni 50 e 60
è stato molto importante scrivere musica in modo seriale ma, passata quella
stagione compositiva che io, ripeto, ritengo fondamentale ed importante per la
storia della musica, credo che prolungarla di sistema in sistema sia
sostanzialmente infantile.
D.
Ritieni dunque che la "mediazione" della struttura intesa come
"filtro" dell'espressività soggettiva, sia stata importante per gli
esiti musicali del serialismo?
R. Certamente, ma ormai
sappiamo da tempo che, per forza di cose, siamo tutti “strutturalisti”,
perché la musica è impossibile senza strutture e la materia sonora è sempre e
comunque strutturata: noi oggi possiamo ascoltare i “moduli-Cage” - musica
scritta negli anni 50 in pensiero non strutturale - come una bella musica
strutturata. In genere una strutturazione ulteriore è tautologica. La struttura
dà solo l'illusione della immortalità: cedendo a questa illusione si inganna
se stessi. si commette una tipica "pia fraus",
perdendo di vista ciò che è veramente importante: la musica è la prima
materia tutto il resto è secondario.
D.
Tu hai affermato la cosiddetta "estetica dell'impurità" a proposito
della quale recentemente hai precisato: "della pura impurità".
Dobbiamo dedurre che persegui con estremo rigore il raggiungimento di questa
impurità nella tua musica o che impurità è "conditio sine qua non"
del fare artistico, una sorta di peccato originale?
R.
Impurità
non è una “nuova purezza " , non ho codificato un “sistema”
dell'impurità. Impurità sottintende la voglia di vivere non sistematica,
immanente in se stessa, che a mio avviso pervade il fare artistico,
Dunque per me “impurità" e sinonimo di “vita” : nel momento in cui
facciamo arte siamo “puri impuri”: ossia siamo impuri in puro senso. Il
concetto di”peccato originale” potrebbe essere una strada interpretativa
interessante, tanto
più che io sono cattolico, non più praticante orma,i ma nell'adolescenza ho
persino studiato al ginnasio umanistico per diventare sacerdote … poi la vita
mi ha portato su altre strade.
D.
Ravvedi quest'impurità anche nella musica del passato, in generale, e in quella
tonale - con il suo congruo substrato tecnico-formale sovrapersonale - in
particolare?
R.
Per me tutta la musica è sovrapersonale: personale è il solo modo di
scriverla. ma la musica è e resta sovrapersonale. Voglio dire che credo esista
la musica ed esista l'autore di musica e, anche se la continua interazione fra
questi due aspetti del fenomeno sonoro impedisce di dimostrare concretamente
questo distinguo, credo fermamente che questa separazione esista. Tatti i grandi
compositori per me sono impuri: Mozart, Schumann, Beethoven, Mahler : le loro
composizioni sono molto “pura”
ma la loro musica è “impura”. Al contrario un esempio di compositore
“puro” è, in Italia, Pietro Raimondi: molto contrappuntistico, lineare,
senza menzogna, molto puro: o, in Austria, Karl Czerny : oggi abbiamo molti
compositori "puri" come Raimondi e Czerny.
D.
Forse con "puri vuoi sottintendere maliziosamente "poco
intelligenti"?
R.
Al
contrario. Troppo intelligenti, perché, secondo me, in arte è importante avere
due intelligenze e la seconda intelligenza deve diversificarsi da quella normale
per una peculiarissima capacità intellettiva: la capacità di dimenticare La
nostra testa è piena ai cose molto intelligenti. ma se si vuole “fare”
artisticamente occorre dimenticarle tutte. Questo è, il problema fondamentale
che ho riscontrato in molti studenti di musica che vengono da me,
indipendentemente dal fatto che essi siano molto o poco intelligenti : non
riuscendo a risolvere questo problema,
a“dimenticare”, appunto, si avvitano su se stessi praticando strade
tortuose ed assolutamente artificiose, i più ricorrendo a dei “trucchi” per
comporre, a degli “inganni” intellettuali. Purtroppo quasi sempre il
risultato musicale è un'anonima e “tipica” sonorità,
spesso conseguente ad un altrettale scrittura musicale.
D.
Dimenticare: cos'è, una capacità subliminale dell'artista? un fatto divino? o
un gioco?
R.
Ai miei allievi io domando sempre se ciò che fanno corrisponde “veramente”
a ciò che vogliono fare e spesso consiglio loro di dimenticare tutte le cose
che conoscono: dimenticare i “sistemi”, le “possibilità”. In sintesi:
dimenticare il “potere”, dimenticare per fare arte. Ludere è molto
importante. anche giocare è importante ma noti come ludere : il libero ludo dei
gesti e dei segni, nella manifestazione della propria creatività, è
essenziale. Molte informazioni ed intellettualismi vanno bene in
informatica o in politica ma,
in arte, si riducono a stupidità.
Abbiamo “teste piene” e “teste vuote” : nella testa vuota è più
facile che si “imprima” , e conseguentemente si “esprima”,
un segno.
D.
Spesso la tua musica è stata assimilata a quella dei "neoromantici".
Qual è il tuo legame con il Romanticismo? E accetti la definizione di
"neoromantico" per quanto ti riguarda?
R.
Che
cos'è “Romanticismo” ? :
Ligeti è romantico? Morton Feldman e John Cage sono romantici ? Io non
lo so! Ma potrebbe anche essere perché Romanticismo in realtà non è una
categoria artistica definita, bensì una definizione molto vaga. A tutt'oggi ho
scritto diverse opere e non sarei in grado di indicare in esse un solo momento
che possa definirsi
“romantico”, soprattutto perché mi ripugnerebbe contribuire
intellettualmente ad un esercizio musicologico così astratto e privo di
concreti fondamenti analitici. Oggi è sufficiente che un compositore abbia due
o tre pezzi tonali nel proprio repertorio per essere considerato, o peggio,
stigmatizzato, come “neoromantico” : tutto ciò è assolutamente privo di
senso. In Germania sono considerato un compositore molto intellettuale, molto
filosofico ma ciò non impedisce che la mia musica sia capita in gran parte del
mondo. Oggi si parla troppo e confusamente di “sistemi”, di
“linguaggio”, di filosofia : io quando parlo di filosofia sono filosofo,
quando compongo sono compositore. Dunque sono filosofo e, anche, compositore,
ma non sono filosofo in composizione, così come non sono compositore in
filosofia : non mi piace essere un “mix”, mi ritengo semplicemente un uomo
dell'arte.
D. Ho provato ad enumerare gli
elementi compositivi, a mio avviso, più importanti che ho udito nella tua
musica: gesti sonori decisi, risoluti; dinamiche estreme, in certi casi ai
limiti della violenza "corporale", come tu stesso hai detto; uso
manifesto delle frequenze estreme sia nel grave che nell'acuto con conseguenti
timbri ben spaziati ma corposi, a volte anche magmatici ma sempre ben
differenziati nelle loro diverse componenti frequenziali tanto che mi hanno
richiamato alla memoria i famosi "accordi a grattacielo" di Varése.
Non ti interessa la tecnica musicale di per sé?
R. Questa udibilità delle
frequenze che tu hai sottolineato. è, molto importante per me : mi interessa
moltissimo la posizione di un suono, il
suo stato, la sua situazione; in
una parola: il luogo del suono: del suono che là cresce, dell'altro che altrove
muore Detto questo, non ho molto da aggiungere se non il fatto che queste
frequenze possono essere prelevate in molti modi diversi tra cui anche quello
seriale, perché no?! non ho pregiudizi in questo senso. - serialità non
è, necessariamente falsità e, chissà, potrebbe rivelarsi ancora molto
importante comporre in modo seriale - non per quanto mi riguarda,
ma non posso escluderlo aprioristicamente. A questo punto voglio
sottolineare un aspetto musicale più generale, ma secondo me importantissimo:
l'ascolto. Ascoltare è il primo modo per dimostrare affezione per la musica, disposizione all'esperienza musicale. Questo vale anche e
soprattutto per il pubblico : un pubblico che non ascolta, e che soltanto parla
di musica, non è un pubblico. Parlare oggi è troppo importante e tutto si
riduce inesorabilmente a tendenze, sistemi. appartenenze, movimenti come un
grande supermercato colmo di musica spesso inudibile.
D. Tu sei membro della
Fondazione H. Strobel di Friburgo e sicuramente conoscerai Hans-Peter Haller -
direttore dell'Experimental Studio, già collaboratore strettissimo di Nono
nella ricerca sul "live electronic". Qual è la tua considerazione per
la musica elettronica in generale e per la ricerca elettronica "live"
di Nono e Haller in particolare?
R. Mi sono ritrovato spesso a
puntualizzare la mia posizione nei confronti della musica elettronica per via
del fatto che non ne ho composta, quindi ripeterò: “non sono un compositore
di musica elettronica ma sono un grande amico della musica elettronica”.
Comunque a parte gli scherzi, credo veramente che la mia musica per orchestra
sarebbe stata impensabile senza l'apporto uditivo, l'ascolto della musica
elettronica. A me, però, non
necessita “fare” musica elettronica: ritengo gli strumenti tradizionali più
che sufficienti a delineare e a dar vita al mio mondo sonoro. Tuttavia considero
la musica elettronica un fatto molto importante e aggiungo: la musica
elettronica è il futuro della musica elettronica: vale a dire è già futuro.
Conosco bene Haller e il suo lavoro all'Experimental Studio di Friburgo con
Nono: il nome stesso chiarisce i termini della ricerca portata avanti infatti
“live electronic” designa il programma che è, appunto, “vivente” e,
come tale, sempre nuovo. Nono prediligeva improvvisare alle apparecchiature,
interagendo con gli esecutori in modo totalmente libero e per me è sempre stato
un esempio straordinario di libertà creativa.

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